
06 Mag Quando il Boxer fa una piega
Quanto è importante saper piegare in moto?
Ogni motociclista dedica almeno un momento della propria vita a pensare a quale sia il massimo angolo di piega raggiungibile con la propria moto, beh… io ci ho pensato più di una volta. Premetto che su strada non è consigliabile ricorrere a inclinazioni che mettano a rischio l’aderenza a meno di casi eccezionali come è capitato a me. Percorrendo un raccordo su strada extraurbana e soprappensiero, non mi sono reso conto che la curva stringeva improvvisamente nel collegarsi ad una tangenziale dove stavano giungendo altre auto. Situazione davvero complessa perché questo errore poteva costarmi caro, rimanevano solo due soluzioni: raddrizzare la moto, tentare la fortuna e immettermi nella circolazione con il rischio di essere investito, oppure continuare la curva aumentando l’angolo di piega rischiando però di cadere. L’allenamento mi ha aiutato a non irrigidire la postura, a non bloccarmi e con un po’ di fortuna sono riuscito a rimanere all’interno della corsia di accelerazione. Questa esperienza mi ha fatto comprendere quanto sia importante allenare la nostra mente e il nostro fisico alle manovre di emergenza, allenamento che non può e non deve essere fatto su strada ma solo in aree idonee come il circuito o i piazzali attrezzati.
Un po’ per piacere e un po’ per necessità, ho sempre cercato di affinare e migliorare la mia percezione sensoriale nel punto più delicato della curva per poter rispondere correttamente ai quesiti posti dai miei allievi. Non sono e non voglio passare per un pilota, nasco come “istruttore sportivo” alle origini della Capirex safety school (la scuola di pilotaggio del famoso Loris Capirossi) ma il mio vero e proprio imprinting motociclistico l’ho avuto nei quasi dieci anni di presenza nella BMW Motorrad Riding Academy ed oggi in DimensioneGuida. Questa attività mi ha portato ad apprezzare in particolare il motore che ho usato maggiormente, quello a cilindri contrapposti e di volerne comprendere i segreti, le potenzialità ed i limiti.
La mia sfida: ottenere una guida più “fluida”
La voglia di migliorare nasce sempre dal confronto, accade tra piloti ma succede anche tra istruttori. Fortunatamente ho avuto la possibilità di confrontarmi con formatori estremamente e diversamente competenti tra i quali il bravissimo Davide Capirossi (fratello di Loris) che ho sempre ammirato per la capacità di condurre la moto senza doverla strapazzare, riuscendo a distribuire le forze impiegate mantenendo equilibrio e sicurezza. C’era un gioco che faceva in piena percorrenza della curva che mi ha sempre colpito. Punti cardine erano il ginocchio a terra e l’intero palmo della mano a sfiorare l’asfalto, badate bene… l’intero palmo! Lo sottolineo perché fa la differenza e implica una posizione del braccio molto precisa, ecco questa era la mia sfida: riuscire a migliorare fino a guidare la moto con il minimo sforzo ed un maggior autocontrollo. E’ stata dura ma alla fine qualche risultato l’ho ottenuto, mettendo insieme tutte le mie conoscenze e dedicando tempo a questa insana passione. Cosa è cambiato nella mia guida? Tutto! Ho scoperto che non vi è proporzione tra stimolo e reazione ovvero che una presa più intensa sul manubrio equivale a una maggiore insicurezza, che l’equilibrio parte dalla capacità di gestire le nostre reazioni istintive.
Allenamento e foto solo in circuito
Photoshop o non photoshop questo è il problema, il dilemma che attanaglia tutti quelli che commentano le foto che propongo sui social.
Forse per via dell’inclinazione o forse merito delle moto che utilizzo, queste foto hanno sempre creato molto interesse. Non nego che ogni volta che leggo i commenti sorrido e spesso vestendo i panni del lettore comprendo queste perplessità perché a guardarmi negli scatti fatico a credere di essere proprio io quello sulla moto. Alcuni lo vedono come un gesto poco consono (sicuramente su strada lo è), per me è la dimostrazione che non è necessario essere dei supereroi per raggiungere questi limiti ma è l’allenamento unito alla bontà tecnica di queste moto a farti superare paure, barriere e rendere la guida più consapevole. Se è vero che per guidare bene su strada non si deve arrivare al limite è altrettanto vero che se non conosci il tuo limite non puoi capire se stai guidando bene.
Perché il Boxer
Senza nulla togliere alle altre motorizzazioni, il Boxer è il motore che amo da sempre, non sono solo le sue prestazioni ad affascinarmi ma soprattutto il suo equilibrio la sua guidabilità anche nelle manovre più lente. Testardo e controcorrente non ho mai voluto dar retta a quelli che cercavano nella moto la prestazione più elevata ma ho preferito affrontare la sfida che questa tecnologia rappresenta (il progetto risale al 1923 anche se l’invenzione risale a fine ‘800). Il battito rado e ritmato del bicilindrico, sornione ma allo stesso tempo pronto e corposo è da subito entrato in sintonia con il mio stile di guida (se così posso definirlo). Sono sempre stato affascinato dalla conduzione “pulita” quella del “leggendario motociclista” che riesce a far danzare la moto tra le curve senza mai far accendere la luce dello stop posteriore. Mi sono sempre chiesto come fosse possibile acquisire maggiore scorrevolezza senza sporcare continuamente la guida con correzioni dovute all’uso del pedale del freno e questo motore mi ha reso tutto più semplice, la coppia è appagante (negli ultimi modelli adrenalinica) e disposta ad un regime ideale per chi come me preferisce i tortuosi percorsi dolomitici.
Quanto piega il Boxer?
L’angolo di piega raggiungibile in sicurezza è elevato, ovviamente è maggiore quello dei motori di dimensioni più contenute, ma la facilità con cui lo si raggiunge è imbarazzante, attenzione però alle teste del motore che, se nel turismo aiutano e non poco, nella prestazione tecnica sono un pensiero in più, la loro posizione cambia da modello a modello: più in alto nel GS, più in basso nella RR, RT e la RS.
Tocca prima la pedana, il cavalletto o la testa del motore?
Ogni volta che cambio moto l’occhio cade inevitabilmente sul cilindro, è normale perchè diventa il riferimento oltre il quale far sporgere lo slider che possa avvisarmi nel caso di una inclinazione eccessiva. Mi è capitato di toccare per primo con il cavalletto durante i test con il passeggero ma normalmente il primo punto di contatto sono le pedane (in assenza di paracilindri), e comunque dipende dalla moto, dal setting delle sospensioni,dal carico e dalla conformazione del tracciato.
Quando mi alleno in circuito ho due possibilità per rendere innocuo lo sfregamento della pedana nelle curve più lunghe: posso usare la pianta del piede per sollevare la pedana e poggiarci lo stivale sopra in modo da non farla muovere ed evitare che tocchi oppure poggiare la pianta dello stivale direttamente sul telaio lasciando alla leva la possibilità di inclinarsi aumentando quindi la luce a terra (questo trucchetto me lo ha insegnato Franco P. un collega durante dei test a Jerez de la Frontera).
Cosa succede se tocchi con la testa del motore?
Premesso che nell’uso normale della moto è impensabile raggiungere queste angolazioni, l’argomento rimane uno tra i più discussi tra i riders. Me lo hanno chiesto in molti e non è così scontato che l’esito sia sempre lo stesso, dipende con quale rapidità avviene il contatto e quale moto stiamo guidando.
Mi è capitato di scendere in curva troppo rapidamente e quando la testa del motore “urta contro il terreno” la ruota anteriore tende al sollevamento che, al contrario di quanto si possa pensare, non crea un effetto sottosterzante perché la reazione istintiva del conducente è quella di chiudere il gas e di conseguenza la ruota anteriore riprende aderenza creando un piccolo high side che per i meno scafati equivale ad una caduta. Cosa differente se il contatto arriva non con un impatto ma con lo sfregamento perché questo è ancora gestibile e non toglie completamente l’aderenza alla ruota anteriore. Attenzione alle strade con pendenza (es. tornanti in salita) perché la distanza tra motore e asfalto diminuisce e si tocca prima. Tutte le foto sono state scattate in circuito durante attività private e mi auguro che a nessuno passi per la testa di emularle su strada!
Consigli a chi voglia migliorare la sensibilità in curva
- Per poter condurre al meglio una moto serve equilibrio, tutto nasce dall’allenamento mirato del nostro campo visivo e di conseguenza della sensibilità degli arti sulla moto.
- Una buona posizione di guida, che dipende dalla vostra statura e dalla moto che guidate, è la base per poter aumentare il controllo in piena curva.
- L’ambiente in cui vi esercitate deve essere libero da ostacoli che possano limitarvi fisicamente e psicologicamente, quindi lasciate stare le strade anche se poco frequentate, non offrono alcuna sicurezza, meglio un circuito o un piazzale dedicato.
- La piega arriva per gradi, non date ascolto a quelli che dicono “devi buttarti di più”, la tecnica non è una questione di coraggio, non si deve mai rischiare, meglio arrivarci un po’ alla volta.
- Ciò che “stiamo facendo” non è detto che sia ciò che “vorremmo fare”, ecco perché è meglio farsi aiutare da qualcuno che possa comprendere le nostre difficoltà, le nostre paure e consigliarci in modo da superarle in sicurezza.
- Quando si riprende la moto dopo un lungo periodo di inattività è necessario allenarsi per tornare allo stato di forma.
Fabio Celin
FOTO:Maurilio Boldrini di BPE, Claudio Massari e Stefano Cameran.
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